Come deve essere la Divulgazione (II parte)

Oggi mi preoccupo del linguaggio. Scusate la presunzione ma mi permetto di parlare anche del linguaggio da utilizzare durante le lezioni universitarie.

Per prima cosa parliamo della dizione. Le parole devono essere scandite con estrema chiarezza, a bocca aperta e non chiusa o semichiusa con particolare attenzione alle vocali e alle doppie, per non parlare del susseguirsi di consonanti o di vocali a cui va prestata la massima attenzione. Questo farà anche dormire meno gli interlocutori!

Dizione e grammatica.

Stefano Rossignoli 8 Ottobre 2009

Continua la rassegna di come penso che debba essere la divulgazione scientifica.

Oggi mi preoccupo del linguaggio. Scusate la presunzione ma mi permetto di parlare anche del linguaggio da utilizzare durante le lezioni universitarie.

Per prima cosa parliamo della dizione. Le parole devono essere scandite con estrema chiarezza, a bocca aperta e non chiusa o semichiusa con particolare attenzione alle vocali e alle doppie, per non parlare del susseguirsi di consonanti o di vocali a cui va prestata la massima attenzione. Questo farà anche dormire (o arrabbiare) meno gli interlocutori!

Vi chiederete da dove arriva tutto questo!

Dalla musica. Io sono un musicista e compongo canzoni. La scienza è solo una delle mie tante passioni.
Canto e suono le mie canzoni e, mentre la gente non si permette quasi mai di criticare un professore direttamente, non vi rendete conto di quanto invece si permette di criticare una canzone o un cantautore, soprattutto se lo conosce. Vi assicuro che per cantare una canzone propria ci vuole più coraggio che per spogliarsi dei vestiti! …quindi, all’inizio, quando le parole dei miei pezzi non si capivano, ne ho sentite di tutti i colori anche per quel motivo!

Ora arriviamo alla grammatica.
Il linguaggio, oltre a dover essere scandito perfettamente, ritengo che debba essere estremamente corretto. Condizionali e congiuntivi non devono essere sostituiti. Devono essere utilizzati perfettamente.

Bisogna assolutamente evitare i mugugnii ad esempio mmmmmm, eeeeeeee, e gli intercalari ad esempio i no, cioè, praticamente…e la peggior parola del momento:”TIPO”, che viene usata quasi sempre quando non vuol dire nulla!
Oppure pensate a quanto è brutto cominciare una frase con:”Niente…”!

L’ultima nota di questo piccolo articolo riguarda la costruzione delle frasi.
Le frasi devono essere complete. non possono essere lasciate a metà pensando che lo studente o il turista le completi da solo nella sua mente, perchè non le completerà. Semplicemente non capirà e basta.

Come deve essere la Divulgazione (I parte)

Stefano Rossignoli 18 agosto 2009

Questa volta la domanda me la sono fatta da solo e mi rendo conto sia della difficoltà, sia della presunzione nel rispondere, visto che conosco decine di divulgatori di professione ed alcuni sono molto più bravi di me!

Comunque sia, la divulgazione passa per prima cosa dalla competenza.
Un divulgatore deve padroneggiare l’argomento trattato con disinvoltura, una disinvoltura che passa dalla conoscenza.
Non bisogna essere semplicemente disinvolti con gli interlocutori, cosa a cui ci si abitua in breve tempo anche essendo incompetenti, ma bisogna muoversi all’interno dell’argomento e conoscerne a fondo le basi. Bisogna averne una conoscenza che permetta i collegamenti all’interno della materia e, se possibile (in ambito Naturalistico poi è necessario), con altri argomenti correlati.
Spesso capita di non essere in grado di rispondere alle domande e non credo che sia un grande problema ammettere di non sapere. Non si può sapere tutto. E bisogna sapersi fermare laddove non ci si senta abbastanza preparati. Spesso mi capita di ammettere la mia ignoranza in qualcosa e tralasciare per un attimo il ruolo di guida e chiacchierare semplicemente per un po’…

Una tecnica che utilizzo da diverso tempo è accertarmi di ricordare le fonti da cui ricavo le informazioni che do, altrimenti evito di parlarne. E’ molto utile e si evitano grandissimi errori, errori che ho fatto in passato e che cerco assolutamente di evitare adesso e per il futuro.

La divulgazione deve essere semplice…

Io credo che sia un’arte riuscire ad essere semplici e comprensibili alle orecchie di tutti, ed è impossibile quando i gruppi sono molto eterogenei, per livello di istruzione o per età, ma si può e si deve dare a tutti qualcosa, partendo dai concetti più semplici ed addentrandosi ogni tanto nello specifico.
Il rischio è di disabituarsi troppo al rigore scientifico ed abbassarsi continuamente di livello durante la pratica divulgativa e credo che questa sia la cosa peggiore.
E dopo un po’ di tempo dalla fine della formazione universitaria si risulta essere degli incompetenti…

Di sicuro può aiutare rimanere nell’ambito della ricerca e quindi automaticamente in continuo aggiornamento, ma in Italia è quasi impossibile lavorare in questo ambito, allora è la passione e dedizione del singolo divulgatore a tenerlo costantemente informato.
Aiutano moltissimo a questo proposito i gruppi di studio tra colleghi che alimentano il dialogo e forniscono spunti su svariati argomenti, considerando che un gruppo di studio si crea facilmente anche in due minuti davanti alla macchinetta del caffè di un museo o in un parcheggio prima di un’uscita naturalistica!

Dall’altro lato, il rigore scientifico imparato sui banchi dell’università, può essere deleterio, sia nell’approccio con gli interlocutori, sia nella chiarezza espositiva. Ciò è dovuto al fatto che la trattazione a livello universitario, da troppe cose per scontate e la terminologia tecnica risulta incomprensibile.
Ma non lo si può di certo abbandonare. E’ indispensabile.
Allora bisogna essere delle fabbriche di idee, di esempi, ma corretti e non fuorvianti.
L’esperienza poi è necessaria. Con gli anni si impara a non mettersi nei guai, evitando ad esempio argomenti troppo complessi con bambini troppo piccoli e soprattutto a non dare nulla per scontato.
Alla gente poi piace ascoltare le esperienze sul campo, piace capire come si arriva a conoscere certi fenomeni, ecc. Far capire è importante, una, due cose, ma bene e con il giusto approccio.
…ed il lavoro è fatto ed è pure una grandissima soddisfazione.

Dunque buon lavoro COLLEGHI!!!

Seconda parte: dizione e grammatica

Il microclima delle grandi metropoli

Studiando recentemente (17 gennaio 2011) un testo di Geografia fisica, mi sono reso conto del fatto che sono conosciuti dati a riguardo da molto tempo, ma lascio comunque questo mio tentativo, non certamente completo ma mi auguro interessante…! vediamo un po’

Stefano Rossignoli 29 maggio 2009

Questa resta sempre e solo una teoria, in quanto non ancora dimostrata. Oltre al fatto che per dimostrarla servirebbe molto tempo e strumentazione troppo costosa per le mie tasche.
Comunque sia, credo che il clima delle grandi Città sia una cosa a sé stante e dipenda certamente da dove si trova la metropoli, ma anche dalla quantità di calore prodotta dalla metropoli stessa.
Ancora non è chiaro da cosa dipendano le variazioni attuali del clima globale, ma sembra che in città abbiamo parecchio controllo delle condizioni di umidità e temperatura.
Prendo come esempio Milano ed il mio paese che si trovano a 20 km di distanza.
Il mio paese è molto trafficato, ma si trova ancora in aperta campagna, mentre a Milano, tutti sanno che di verde ne è rimasto ben poco.
Normalmente, quando mi reco a Milano, noto un aumento di temperatura di circa 2°C, per non parlare dell’aumento ulteriore di temperatura che percepisco quando entro in circonvallazione esterna, ma non è solo questo. Anche l’umidità è nettamente diversa. Da me le nebbie sono diminuite rispetto al passato, ma son sempre presenti in inverno. A Milano la nebbia non esiste, salvo quando da noi ‘la si taglia con il coltello’! Nevica sempre molto meno che nel mio paese. Se da me vengono 40cm, a Milano ne cadono 25. A volte da me nevica ed a Milano piove. Non credo sia un caso che le nevicate importanti che scendono a Milano, corrispondano sempre a periodi di festa come intorno al 31 dicembre o all’Epifania e potrebbe dipendere dal fatto che la città ‘dorme’ e non produce calore come nei periodi lavorativi.
Quando la città è ‘sveglia’ basta che il cielo si copra di nuvole per avere un aumento importante della temperatura che riesce a coinvolgere anche i dintorni… Un’altra cosa che ho notato è che le ultime nevicate importanti, sono giunte velocemente dopo periodi di sereno in cui le temperature minime sono potute scendere in modo repentino. Insomma. se è tutto vero, nevicherà soltanto in vacanza, a meno che ci diamo una bella regolata nella produzione di calore pro capite, inteso come numero di automezzi, riscaldamenti e cementificazione!

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