La lunga strada delle Alpi…

Stefano Rossignoli – giugno 2014

In collaborazione con RADAR, il trimestrale del CAI di Corsico

 

Val Lagarina
Val Lagarina

Una strada che attraversa le Alpi?

No, nooo! Ce ne sono già abbastanza mi sembra!!!

Intendo proprio la strada, il percorso che hanno fatto le le Alpi, le Prealpi, gli Appennini, ma anche l’Himalaya, le Ande e via dicendo, per arrivare lì dove si trovano ora…e soprattutto la strada che ha fatto la scienza per arrivare a capire la storia del nostro pianeta, ovviamente in sintesi e in modo non totalmente esauriente…

Non è mia la frase:”Tutto ciò che osserviamo è frutto di cambiamenti che avvengono ogni istante”.

Fu il grande Geologo, James Hutton, nei primi dell’ottocento ad andare contro tendenza rispetto alle idee passate, affermando e dimostrando che la Terra era in continuo cambiamento e in continua evoluzione.

Affermò anche che quel che possiamo osservare oggi in natura, è riconducibile ai fenomeni naturali del passato.

Questo, conosciuto come “Principio dell’Attualismo”, è ancora oggi una pietra miliare nelle Scienze Geologiche, Paleontologiche, ecc. In sintesi, bisogna conoscere e studiare i processi e gli eventi di oggi per comprendere al meglio quelli del passato…

Posso cercare di utilizzarlo per spiegare il titolo di questo articolo…

Parto dal presupposto che ormai tutti siano al corrente del fatto che la crosta terrestre si muove in continuazione.

Anche in terza elementare si studia la Pangea e i ragazzi imparano a capire che la Terra è cambiata e cambia in continuazione.

Ma come facciamo a saperlo? Ci sono modi per dimostrare che i continenti, i fondali oceanici e ogni cosa sul nostro pianeta si muove?

Ebbene sì! E sono molteplici…

Prima di tutto si possono fare misure dirette. Ad esempio a volte una placca o una massa rocciosa striscia sull’altra lungo fratture chiamate FAGLIE. Famosissima è quella di Sant’Andrea in California lungo la quale si può misurare lo spostamento di circa mezzo cm all’anno.

Senza andare troppo lontano, basterebbe mettere un misuratore di distanze al laser sullo stretto di Messina per notare un allontanamento tra Sicilia e Calabria di qualche mm per anno…

Le montagne franano e crollano in continuazione e quel che stava lassù, pian piano arriva sempre più in basso e cambia forma.

Si formano nuovi vulcani, quindi nuove montagne.

Alcune catene montuose stanno ancora crescendo come le nostre Alpi. Pochi anni fa, sul Monte Generoso conobbi un geologo che stava installando una sessantina di punti di riferimento per misurare accuratamente in movimento e l’eventuale innalzamento delle Alpi Svizzere…

Tornando in dietro nel tempo al 1835, il famoso naturalista Charles Darwin, assistette ad un disastroso terremoto nella città costiera di Concepcion in Cile, seguito da uno Tzunami. In realtà Darwin fu fortunato perché al momento del terremoto si trovava a circa 300km di distanza e, una volta giunto a Concepcion, potè studiarne le conseguenze e ascoltare i racconti dei superstiti…

 

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Concepcion-Cile-googlemaps

Tra le tante cose, il capitano Fitz-Roy del Brigantino “Beagle” su cui viaggiava Darwin, notò che al largo di Concepcion il fondale si era sollevato per circa tre metri al di fuori dall’acqua. Notò il sollevamento perché i sedimenti emersi erano pieni di molluschi in decomposizione che di solito vivono nei sedimenti del fondale marino.

Darwin aveva notato conchiglie di molluschi simili (fossilizzate) fino a 400m di quota e scrisse:”E’ arduamente possibile dubitare che la grande elevazione sia stata dovuta a piccoli sollevamenti successivi” dando così idea di come potevano essersi formate le Ande. Applicò il principio dell’Attualismo di J.Hutton seguito anche dall’amico geologo Charls Lyell.

Vedi link del racconto di Darwin (in inglese):

http://www.geo.cornell.edu/geology/faculty/RWA/research/current_research/chile-m-88-earthquake-page/darwins-description-of-the-.html

Il famoso naturalista però non conosceva l’origine dei terremoti, non sapeva che i terremoti erano solo la conseguenza di tali sollevamenti e quale fosse la forza che poteva averli prodotti.

Oggi però esistono misurazioni più moderne, magari indirette per cui si conosce anche l’origine dei continui movimenti e sollevamenti (o abbassamenti) della crosta terrestre, dell’innalzamento delle Ande e non solo!

Primo: nel centro degli oceani esiste sempre una grande catena montuosa detta “Dorsale Oceanica” composta interamente da spaccature di origine vulcanica che eruttano in continuazione producendo nuove rocce che comporranno nuovi lembi di crosta terrestre (chiamata crosta oceanica).

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sez-dorsale

La crosta oceanica quindi si forma in continuazione, si sposta allontanandosi dalle dorsali con la velocità di qualche cm all’anno ed è in grado di spingere e spostare interi continenti per migliaia di km, a volte li spinge anche uno addosso all’altro!

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dorsale-oceanica-atlantica-googlemaps

A volte, la crosta oceanica si infila “semplicemente” sotto la crosta continentale (questo è il caso dell’Oceano Pacifico e delle Ande e il fenomeno è chiamato “subduzione”). Qui, la crosta, a grande profondità si rifonde tornando magma il quale erutta o comunque si infila tra le spaccature della crosta e accresce la catena montuosa.

La scoperta della crosta oceanica che si infila sotto quella continentale è indiretta ed è dovuta alla misurazione dell’epicentro dei terremoti molto frequenti al margine tra Oceano Pacifico e America del sud (ma anche in altre zone della Terra!). Gli epicentri (ma sarebbe meglio chiamarli ipocentri!) seguono un piano inclinato che va dal confine tra mare e continente fino a circa 700km di profondità.

Furono due sismologi, studiosi dei terremoti, a scoprire questa correlazione e il piano su cui si immerge la crosta oceanica prende il loro nome “Piano di Wadati-Beniof”.

Un margine come quello Andino, caratterizzato dallo scivolamento di crosta oceanica sotto crosta continentale viene chiamato “Margine Attivo” (figura da Wikipedia).

 

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bordo-convergente-wikipedia

Quando la crosta oceanica invece si appoggia semplicemente al continente spingendolo, parliamo di “Margine Passivo” (e questo ad esempio è il caso dell’Africa che viene spinta dalla crosta dell’Oceano Atlantico).

Muovendosi in continuazione quindi le placche possono percorre migliaia di km.

Basta fare un breve calcolo e si scopre che in un milione di anni, con uno spostamento di un solo centimetro all’anno si percorrono ben 10km.

 

Nel caso delle Alpi, fu proprio l’apertura dell’Oceano Atlantico meridionale avvenuta circa 100 milioni di anni fa a spingere la placca Africana contro quella Europea. Si chiuse così un oceano pre-esistente il cui fondale andò in subduzione.

 

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orogenesi2

Durante la subduzione le rocce fusero (fenomeno detto Anatessi) e i magmi si infilarono nella crosta, alcuni eruttarono e altri si fermarono all’interno solidificando lentamente…

I sedimenti marini dei fondali furono spatolati, pressati, piegati e ammucchiati in quello che viene chiamato “prisma di accrezione”.

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Poi fu la volta del “piccolo” promontorio Africano (chiamato Adria) che andò in collisione con il sud dell’Europa schiacciando , deformando e sollevando “definitivamente” il tutto…

 

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“Definitivamente” però è una parola che sulla Terra non si può utilizzare.

Le Alpi crescono ancora ma prima o poi tutto verrà eroso e tornerà una pianura…ma non credo che la vedremo!!!

 

 

 

 

Di nuovo sul Monte San Giorgio -perlustrazione, primavera 2014

21 aprile 2014

E’ l’amico Enrico che anche questa volta mi ha invitato a fare un giretto sul Monte San Giorgio con la sua IV media e a raccontargli qualcosa della montagna, della sua storia passata e recente…

Prima però si deve fare un sopralluogo ed è così che  qualche giorno prima di Pasqua ci troviamo su io, Enrico (con Ale, uno dei suoi figlioli) e Davide Bertè che ben conoscete…

Partiamo dalla miniera di Serpiano dove, attorniato da porfidi e andesiti permiane, affiorava il filone MASELLI, un filone di rocce vulcaniche contenente Barite (o Baritina).

Miniera di Barite del Filone Maselli
Miniera di Barite del Filone Maselli

Qualche anno fa ho sentito dire che volevano rendere visitabile la miniera dopo una bonifica… Quando lavoravo ancora per UNESCO Monte San Giorgio prima che istituissero le guide ufficiali, durante le visite alla miniera, evitavo di far avvicinare molto la gente all’apertura perchè non mi ispirava sicurezza, in effetti facevo bene e, complice qualche pioggia di troppo, è crollata parte della volta d’ingresso e la galleria è ormai quasi invisibile…

Così si presentava un paio di anni fa:

Miniera di Serpiano - Filone Maselli 2011
Miniera di Serpiano – Filone Maselli 2011

Tutto si evolve e in montagna, l’erosione e i crolli la fan sempre da padroni e noi spesso possiamo solo osservare inermi…

A proposito di evoluzione, partiamo da Serpiano e andiamo verso Meride perchè così si possono incrociare quasi tutte le formazioni rocciose della montagna, dalla più antica alla più recente (come spiegato in questo video di qualche tempo fa). Non incontreremo la parte pre-permiana (che affiora a livello del Lago di Lugano) e la parte di Triassico-sup e di Giurassico (che comunque non compone propriamente il Monte San Giorgio ma altri rilievi circostanti).

La parte che ci interesserà sarà quella triassica, più precisamente quella del triassico medio, che affiora a partire dalla formazione di Besano (vedi il Video) che “contiene” il limite tra i piani Anisico e Ladinico.

Questa formazione affiora appena sopra Serpiano (“Tre Fontane”) e qui gli operai delle miniere lavoravano duramente per estrarre il materiale da cui ricavare Bitume. Le miniere sono ormai chiuse per i crolli e l’erosione che porta in continuazione materiale sulle antiche aperture ma è curioso camminarci a fianco ed immaginare il brulicare di persone che dall’800 fino al primo dopo guerra lavoravano in quei luoghi…

Lavoro in miniera a Serpiano "Tre Fontane"
Lavoro in miniera a Serpiano “Tre Fontane”

Da qui, andiamo verso sud, passiamo per gli affioramenti di Dolomia… Non la Dolomia Principale (che affiora sul Poncione di Arzo alla nostra destra) ma la Dolomia del Monte San Giorgio (o del San Salvatore), attraversiamo la strada Arzo-Serpiano e ci spostiamo verso gli affioramenti del “Calcare di Meride” della Cava Inferiore e della Cava superiore (che contiene al tetto un livello di ceneri vulcaniche probabilmente databile in modo assoluto), molto vicini ma anche differenti come tempo di deposizione e contenuto in fossili.

E’ irresistibile la tentazione di osservare da vicino qualche lamina del Calcare di Meride, sperando di trovarci un insetto fossile di più di 200 milioni di anni fa…ma anche questa volta non ha funzionato!!!

Incrociamo quasi certamente gli strati fossiliferi di Cassina e della Kalschiferzone ma dove passiamo noi non affiorano…siamo solo circondati da splendidi boschi caratterizzati in questo periodo dal profumo delicato di Aglio ursino che al nostro calpestio si fa subito sentire… Il substrato roccioso è coperto dai boschi e dai depositi glaciali quaternari rimaneggiati spesso da alluvioni, torrenti e in generale dalla forza di gravità…

Proseguiamo per Meride e non possiamo esimeci dal visitare il nuovo Museo dei Fossili del M.S.Giorgio. L’ingresso è un po’ caro  (12Fr = 10€), anche se la visita al museo è davvero gradevole. La scelta mi sembra più estetica che didattica (come personalmente preferisco) ma se ne possono comunque trarre alcune informazioni preziose riguardo la storia della Montagna…

Davide Bertè indica un campione di "Formazione di Besano"
Davide Bertè indica un campione di “Formazione di Besano” e la sua localizzazione schematica all’interno della montagna

Dal Museo poi continuiamo per la Via Bernard Peyer dedicata al mitico professore dell’università di Zurigo, un pioniere per quanto riguarda gli studi Svizzeri sui fossili del M.S.Giorgio.

In Italia invece i mitici Curioni, Stoppani e Cornalia studiarono quelli delle miniere di Besano qualche decennio prima…

Bernard Peyer e il suo staff
Bernard Peyer e il suo staff (il mio professore si è sempre caricato anche lui chili e chili di sassi!!!)

Il sentiero ci porta verso Riva San Vitale, spesso a mezza costa con qualche tratto a tornanti, ripido ma sempre facile al punto che mi vien voglia di tornarci prossimamente a percorrerlo in bicicletta dalla cima fino al Lago di Lugano (ovviamente con la parte di salita fatta pedalando!!!).

Da Riva, torniamo in macchina fino in località “Crocifisso” dove parcheggiamo e ripartiamo verso Besano (ITA) attraversando il confine al Cippo n°54. Passando qualche bivio non segnato (per i quali avevo lasciato una mini-relazione nei commenti di questo post) un po’ a memoria e un po’ “a naso” arriviamo al sito di scavo del “Sasso Caldo” in cui si può vedere ancora la Formazione di Besano affiorare in tutta la sua potenza (o spessore che dir si voglia!).

Davide legge i pannelli esplicativi all'affioramento del "Sasso Caldo"
Davide legge i pannelli esplicativi all’affioramento del “Sasso Caldo”

Non siamo ancora soddisfatti, le gambe vanno e attraverso bivi e sentieri pieni di foglie secche di faggio ci dirigiamo alle “Piodelle”, le miniere di scisti appena sopra Besano. Qui la formazione di Besano si interrompe con una faglia e si affaccia sul basamento Permiano fatto di Andesiti e Porfidi…

Miniere appena sopra Besano - Selvabella, Le Piodelle
Miniere appena sopra Besano – Selvabella, Le Piodelle

Sono affamato. Un pezzo di cioccolato con un po’ di pane e invertiamo la rotta per rientrare. Sarebbe curioso passare anche per lo scavo a bordo strada di “Rio Ponticelli” ma l’ora è tarda e bisogna tornare…

Rientramo attraverso i boschi stupendi di faggio, di carpino, affollati di Saponaria e ancora di Aglio, Aquilegia e piante di ogni genere e specie… Sono sentieri poco frequentati, luoghi ancora abbastanza selvaggi, luoghi che conoscono spesso i paleontofili più che i paleontologi e luoghi che sanno di storia antica, fatta di persone che tiravano a campare grazie alla loro abilità, la forza di braccia, di gambe e d’animo …e grazie alle rocce di indubbio valore storico e scientifico e che comunque…

…qualche soldino potrebbero ancora portarlo…

 

 

E la Paleoecologia?

Ricomposizione di una lastra contenente un fossile - Scavo Grigna Settentrionale 2009
Ricomposizione di una lastra contenente un fossile – Scavo Grigna Settentrionale 2009

Stefano Rossignoli 21 gennaio 2014

…Da una domanda di Paola…

Ciao, intanto complimenti per il lavoro che hai fatto, sei molto chiaro e vedo che semplifichi al massimo per far capire i concetti base. a breve devo dare l’esame di paleontologia, e vorrei dei chiarimenti per quanto riguarda la palecologia, la professoressa ci ha dato delle sue dispense dalle quali studiare ma non le trovo tanto chiare, ho cercato in giro sul web ma niente di illuminante tutti a ripetere le stesse cose a mo’ di copione, potresti aiutarmi o se hai già trattato l’argomento scrivermi il link? vorrei fare questo esame bene poichè è molto interessante e vorrei che mi rimanesse qualcosa impresso anche dopo, ti ringrazioo!

 

Cara Paola, prima di tutto ti ringrazio per seguirci su scienzafacile.
Per il resto ho paura di non soddisfare troppo la tua richiesta.
Non sono certo un esperto di Paleoecologia ma ti dirò comunque quello che penso e che ho maturato in qualche anno di studi e frequentazione di paleontologi…senza la pretesa di insegnarti nulla…
La Paleoecologia è lo studio dell’ecologia del passato!!!
Lo so che lo sai, ma è solo per sottolineare ancora una volta che è lo stesso studio che si fa sull’attuale, rapportato al passato.
Per quanto appaia semplice, lo studio dei rapporti tra esseri viventi negli ecosistemi, composti da una parte viva (amb.biotico) e un ambiente fisico (abiotico) è estremamente difficile da quantificare già sull’attuale. Figuriamoci su uno studio paleoambientale.
Sull’attuale si possono evidenziare e studiare i rapporti tra numero e tipo di esseri viventi. Si possono rapportare e collegare ad una certa serie di fattori quali temperatura, piovosità, chimismo (di acque o terreno), granulometria, ecc, ecc.
La paleoecologia è questa ma con dati irrisori.
Allora si potrà fare uno studio paleoecologico quasi solo a livello locale/regionale o in una formazione della quale disponiamo di un sacco di dati riguardo al sedimento, all’ambiente deposizionale, al contenuto in micro e macrofossili vegetali e animali e all’ambiente circostante.
In questo caso potremo magari ipotizzare delle relazioni tra organismi (es. rapporto tra prede e predatori in un bacino marino) o una dipendenza da alcuni fattori (ad esempio la presenza di luce e correnti di marea in un ambiente tidale tropicale caldo in cui si formavano stromatoliti anche a causa della presenza dei cianobatteri).
Al variare degli strati sedimentari, si può collegale la variazione delle condizioni ambientali…
Mi vengono in mente studi sulle paleofaune a pesci di alcuni bacini triassici delle Prealpi. Questi, in base alla forma del corpo, dei crani, al tipo di denti, alla copertura di scaglie, ornamentazione, ecc, ecc, sono stati collegati ad un particolare ambiente di vita, profondità, presenza o meno di correnti, trofismo (tipo di nutrizione) e quindi ad una particolare nicchia ecologica.
Sono studi che si possono fare ma con estrema attenzione e maggior possibilità di errore man mano che si arretra nel tempo geologico.
Ti faccio un esempio:
Pensa di studiare una barriera corallina di 200 milioni di anni fa e un bacino sedimentario limitrofo, sempre datato 200 Ma…
Fai dei collegamenti tra organismi e presenza della barriera (e questo si può fare!) ma facilmente stai giocando all’interno di centinaia di migliaia di anni, quindi dovrai accontentarti di una visione di insieme molto generalizzata e con buona probabilità, almeno in parte, scorretta.
E’ comunque affascinante e costruttivo cercare di farlo!
Potrebbe anche essere utile. Questo non lo nego!!! …forse!!! Ah ah!!!

PS Non ho visitato il web a proposito. Magari sono come quelli che dici tu:”Tutti a ripetere le stesse cose a mo’ di copione”!!!!

Ciao Paola e a presto!
Stefano Rossignoli

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