La storia geologica e l’origine del Monte San Giorgio

Stefano Rossignoli 18 gennaio 2012

Lungi da me dal voler riassumere in 20 minuti di video, anni di corsi universitari e lunghe chiacchierate con alcuni responsabili colleghi e appassionati del sito UNESCO Monte San Giorgio e, soprattutto più di 300 milioni di anni di storia…

Ho voluto utilizzare la storia di questa piccola montagna (Il Monte San Giorgio) delle Prealpi per cercare di far capire un po’ di più il trascorrere del tempo e degli eventi sul nostro fantastico PIANETA TERRA!

Allora in questo video percorriamo più di 300 milioni di anni per arrivare a come troveremmo il Monte San Giorgio e come mai lo troveremmo così, nel caso andassimo domani a fargli visita!

Chiedo perdono per eventuali imprecisioni …e soprattutto per la sintesi…

Buona Visione!

Articoli correlati: Una volta c’era Pangea. Ma prima di Pangea cosa c’era?

Grazie a Andrea Tintori, Markus Felber, Veronica Orlando, Gaia Bazzi, Massimiliano Andreetti, Nicola Castelnuovo, alla mia bicicletta e a chi ha visitato con me la montagna e agli amici visitatori di www.scienzafacile.it…

Guida alla descrizione e riconoscimento di invertebrati e tracce fossili (parte 4) I Molluschi

Stefano Rossignoli 14 dicembre 2011 (in aggiornamento)

Parte 1 – Introduzione. Come iniziare

Parte 2 –  Porifera, Archeociata, Stromatoporoidea

Parte 3 – Coelenterata (Coralli)

Molluschi

Ricostruzione in gesso di "Rosso Ammonitico Lombardo" prima della colorazione
Ricostruzione in gesso di “Rosso Ammonitico Lombardo” prima della colorazione

Ovviamente, descrivendo molluschi fossili, ci capiterà raramente (o mai) di descrivere il corpo molle. Più che altro si tratterà di descrivere la struttura di gusci, opercoli, tracce sui gusci stessi e sarà indispensabile riconoscere e specificare in fase descrittiva se ci troviamo di fronte ad un guscio attuale, uno pseudoguscio,  un modello interno o entrambi, una coquina (insieme di gusci accumulati e ammassati non in posizione di vita) e, come sempre, descriverne le caratteristiche dal macroscopico al microscopico.

Per fare ciò coi molluschi, la terminologia e il vocabolario del descrittore si deve arricchire ulteriormente in quanto il taxon è particolarmente complesso e variabile nei suoi caratteri…

Mi sembra inutile e controproducente mettermi a copiare e disegnare questa figura che si trova su tutti i libri di paleontologia generale, tafonomia, ecc nonché in un sacco di musei di storia naturale dove ci siano fossili, quindi prenderò l’immagine in internet linkando la sorgente come faccio spesso…

Clicca qui e vai a pagina 17 (Leggi anche il resto se vuoi. E’ interessante!)

Monoplacofori, Poliplacofori

Di questi molluschi distribuiti dal Cambriano ad oggi, ci limeteremo a descriverne la forma  e le dimensioni (sempre che le sottili piastre dei poliplacofori siano ancora conservate e articolate)

Scafopodi

Il taxon (Devoniano – Recente) ha forme molto simili tra loro, approssimativamente tutte a tronco di cono ricurvo e forate ad entrambi gli apici.

Comincia a poter subentrare ornamentazione del guscio.

Quindi, una volta determinato se l’esemplare in nostro possesso è attuale o fossile, se è un fossile cominceremo col definire se è uno pseudoguscio o modello interno o entrambi poi continueremo con le sue dimensioni: diametro max (in corrispondenza dell’apertura anteriore), diametro min (apertura posteriore) e curvatura definita da Lunghezza della conchiglia (sulla linea mediana), lunghezza della corda e altezza tra corda e superficie del guscio… Più difficile a dirsi che a farsi!

Infine preciseremo se la superficie del guscio è liscia o ornamentata, solitamente da coste longitudinali e se sono visibili linee di crescita.

Già sugli scafopodi come in molti altri molluschi (soprattutto Lamellibranchi e Gasteropodi) possono essere presenti tracce di predazione (piccoli fori  del diametro di 3 – 5 mm perfettamente circolari realizzati da un altro mollusco gasteropode e predatore).

Molto spesso i fori (soprattutto su Scafopodi e Lamellibranchi) vengono utilizzati per fare collane con gli esemplari attuali predati e ritrovati sulle spiagge… Negli scafopodi non è nemmeno così necessario perchè, se attuali, sono già forati da entrambe le parti!!!

 

Lamellibranchi (o Bivalvi)

Bivalvi del Mar Nero
Bivalvi del Mar Nero

 

 

Una volta approfondito lo studio delle parti anatomiche di questi molluschi che esistono dal Cambriano medio, possiamo cominciare a descriverne qualche Leggi tutto “Guida alla descrizione e riconoscimento di invertebrati e tracce fossili (parte 4) I Molluschi”

PTEROSAURI, I RETTILI VOLANTI

Daniele Tona – 10 gennaio 2011

Mi permetto di scrivere quattro righe di presentazione a questo che più che un articolo, è un’utilissima guida per entrare nel mondo degli Pterosauri ed uscirne soddisfatti e pieni di nuovi  spunti. Chi erano, come erano fatti, cosa mangiavano, come volavano e come si muovevano a terra…

Daniele Tona ha colpito ancora ed ecco, tutto quello che volevate sapere su questi meravigliosi rettili volanti! (S.R.)

 

daniele tona
Daniele Tona

Durante l’era Mesozoica, prima che (come trattato in un precedente articolo) un gruppo di Dinosauri spiccasse il volo evolvendosi negli uccelli moderni, i cieli del pianeta erano popolati da eseri viventi tanto bizzarri quanto straordinarii: erano gli Pterosauri, il cui nome tradotto dal greco significa letteralmente “lucertole volanti”.

Prima degli Pterosauri, altri gruppi di rettili avevano già evoluto più volte e in modo indipendente strutture per il volo, ma esse erano semplici espansioni della cassa toracica che consentivano unicamente un volo planato di tipo passivo. Gli Pterosauri sono stati il primo dei tre gruppi di vertebrati noti (gli Pterosauri stessi, gli uccelli ed i mammiferi Chirotteri, ossia i pipistrelli) a modificare radicalmente il loro corpo onde sviluppare un volo attivo.

Fossili di Pterosauri sono noti fin dalla fine del Settecento, quando il naturalista Cosimo Collini descrisse dei resti rinvenuti nelle rocce calcaree di Solnhofen (le stesse da cui proviene Archaeopteryx) appartenuti a una forma di vita che identificò come un animale acquatico che usava le lunghe zampe anteriori come pinne. Fu solo ai primi dell’Ottocento che Georges Cuvier riconobbe la vera natura dell’animale, che fu così battezzato Pterodactylus (“dito alato”). Nel corso dei due secoli successivi sono state scoperte all’incirca un centinaio di specie di Pterosauri, straordinariamente diverse in termini di dimensioni, aspetto e nicchia ecologica. Per via del loro scheletro delicato i resti di Pterosauro si conservano raramente, e spesso sono frammentari; in taluni casi, però, i fossili si sono conservati eccezionalmente bene, ed è stato possibile determinare elementi come la copertura cutanea, il profilo delle ali o quello del corpo.

 

Ma quali sono questi adattamenti anatomici che hanno permesso agli Pterosauri di decollare per colonizzare i cieli del Mesozoico? Il primo, e più evidente, sono senz’altro gli arti anteriori trasformati in ali. La mano degli Pterosauri era infatti composta dalle prime tre dita (che in alcune delle forme più recenti, come Nyctosaurus, spariscono del tutto) e dal quarto dito, incredibilmente allungato per sostenere la membrana alare principale, chiamata brachiopatagio. All’altezza del polso era presente un osso esclusivo degli Pterosauri, lo pteroide, che sosteneva una seconda membrana più piccola detta propatagio ed estesa dal polso alla spalla; non si ancora da cosa derivi lo pteroide, che a seconda delle ipotesi è visto come un carpale modificato, il metacarpo del primo dito o un osso di neoformazione.

La peculiarità della membrana alare stava nella sua struttura interna: lungi dall’essere un semplice lembo di pelle come quello dei pipistrelli, era costituita da Leggi tutto “PTEROSAURI, I RETTILI VOLANTI”

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