Il disboscamento alpino

Stefano Rossignoli 14 settembre 2010

L’amico Fabrizio mi ha chiesto un giorno come mai, sulla Grigna meridionale vicino al Rif.Rosalba a circa 1700m di quota, il versante Sud fosse privo di vegetazione, mentre quello nord fosse boschivo…

In effetti il dubbio era più che lecito. A sud le condizioni climatiche dovrebbero essere migliori se non altro per una maggior quantità di radiazione solare…

Ebbene non è una questione scientifica, ma storica…
Non dipende da nessun fattore climatico, ma dal disboscamento operato dall’uomo per ricavare pascoli su cui falciare il fieno per il bestiame…
Il disboscamento alpino è cominciato circa 400anni fa e non ha risparmiato faggete, pinete, ecc.
Ora, essendo sempre meno gli alpeggi attivi, il bosco si sta riprendendo pian piano le sue aree. Questo processo richiede decine di anni ed è osservabile direttamente frequentando per parecchi anni uno stesso luogo che in passato sia stato disboscato.
Io ad esempio ho potuto osservare questo fenomeno di rimboschimento naturale sul Monte generoso in cui, sul versante italiano, la Faggeta e nei canaloni di valanga gli Ontani stanno pian piano risalendo i versanti occupati in passato… In otto anni di frequentazione ho visto un cambiamento radicale.
E’ curioso notare comunque che nei pascoli crescono ancora molte specie tipiche del sottobosco…
Analizzando poi i suoli dei pascoli, si nota come abbiano caratteri tipici dei suoli boschivi.

Anche se non conoscessimo direttamente la storia di un pascolo, potremmo investigare e capire che in passato era quasi certamente un bosco…
Ovviamente sotto una certa quota, ovvero quella del ‘limite degli alberi’ che sulle alpi è variabile ma comunque poco sopra i 2000m

Chi sono i Dinosauri?

Daniele Tona 24 marzo 2010

Questa domanda, apparentemente banale, è in realtà meno scontata di quel che sembra.
Il grande pubblico, infatti, tende a identificare col termine “dinosauro” qualunque rettile, possibilmente di grandi dimensioni, vissuto milioni di anni fa e oggi estinto. I dinosauri, però, sono solo uno degli innumerevoli gruppi di rettili che si sono avvicendati nel corso della storia del nostro pianeta.
Ci domandiamo a questo punto cos’è che definisce un dinosauro e lo distingue dagli altri rettili preistorici; per farlo noi possiamo valutare diversi elementi: l’epoca, l’ambiente di vita e l’anatomia di questi animali.
Iniziamo col considerare quando sono vissuti i dinosauri. Questi animali si sono evoluti durante l’era Mesozoica, dominando la Terra per un lasso di tempo molto lungo: ben 165 milioni di anni, dal Triassico superiore (circa 230 milioni di anni fa) alla fine del Cretaceo 65 milioni di anni fa, quando si verificò l’estinzione di massa che spazzò via loro e, non dimentichiamolo, molti altri gruppi di organismi.
Questo significa che, ad esempio, il famoso Dimetrodon dalla caratteristica vela sul dorso non è un dinosauro poiché è vissuto nel Permiano inferiore, molto tempo prima che il primo dinosauro facesse la sua comparsa; il dimetrodonte appartiene infatti ai Sinapsidi, il gruppo di rettili da cui si sono evoluti i mammiferi, e più precisamente fa parte dei loro esponenti più antichi denominati Pelicosauria; in altre parole, il dimetrodonte è parente più prossimo di noi umani che non del tirannosauro!
Lo stesso vale per i gruppi di rettili scampati alla crisi al limite tra Cretaceo e Paleogene, nessuno dei quali appartiene ai dinosauri; paradossalmente, la scoperta di Archaeopteryx nell’Ottocento ha suggerito che gli animali più vicini ad essi che oggi possiamo osservare in natura sono gli uccelli, ed i molti ritrovamenti negli ultimi decenni di dinosauri con caratteristiche affini a quelle degli uccelli lo hanno confermato.

All’interno del lasso di tempo che abbiamo definito non sono però esistiti solo i dinosauri.

Dobbiamo quindi adottare un altro criterio per restringere il campo, ed è quello dell’ambiente di vita: tutti i dinosauri sono animali esclusivamente terrestri; questo ovviamente non significa che non sapessero nuotare (al contrario: sono state rinvenute piste di impronte attribuite a dinosauri che mentre guadavano a nuoto uno stagno o un fiume grattavano il fondo con gli artigli), bensì che non avevano adattamenti anatomici che consentissero loro di colonizzare ambienti diversi dalla terra emersa. Questo esclude perciò tutti i rettili acquatici vissuti nel Mesozoico: gli Ittiosauri simili a pesci, i Plesiosauri dal collo lungo, i loro cugini Pliosauri ed i Mosasauri parenti stretti dei varani.
Se parliamo dell’ambiente aereo, però, il discorso si fa leggermente diverso: per gran parte del Mesozoico i cieli furono popolati dagli Pterosauri, rettili volanti caratterizzati da ali di pelle tesa dal quarto dito della mano; benché molti paleontologi considerino questi animali strettamente imparentati con i dinosauri, non vengono considerati parte di questo gruppo per tutta una serie di differenze anatomiche. Ciononostante, durante il Giurassico, circa 150 milioni di anni fa, gli Pterosauri furono affiancati dagli uccelli, che come abbiamo detto sono i diretti discendenti dei dinosauri.

Come facciamo quindi a distinguere questi ‘dinosauri’ volanti dagli Pterosauri?

Semplice: gli Pterosauri presentano il quarto dito estremamente allungato per sostenere l’ala, cosa che negli uccelli ancestrali non possiamo osservare.
Arrivati a questo punto abbiamo inquadrato dove e quando sono vissuti i dinosauri.
Sulla terraferma, però, vivevano molti altri rettili; come fare allora a distinguerli?
E’ qui che entra in gioco l’anatomia. Esistono molti caratteri che contraddistinguono i dinosauri e che si trovano solo in loro (il termine tecnico con cui chiamare tali caratteri è sinapomorfie), che però qui non tratteremo; ci basta sapere che il miglior modo per riconoscere un dinosauro è la sua postura.
Nei rettili possiamo infatti distinguere tre differenti posizioni degli arti rispetto al tronco: nella postura cosiddetta sprawling, che ritroviamo nelle lucertole odierne, l’omero (l’osso del braccio) e il femore (l’osso della coscia) si estendono in posizione quasi orizzontale, e gli arti si muovono in accordo con l’ondulazione laterale del corpo;

Solo uno di questi è un Dinosauro

nella postura semieretta, che ritroviamo oggi nei coccodrilli e nei varani, gli arti fuoriescono con un angolo di circa 45 gradi, e il movimento serpentino del tronco è meno pronunciato; nella postura eretta o parasagittale, evoluta in modo del tutto indipendente dai dinosauri e dai Sinapsidi, gli arti sono disposti perpendicolari rispetto al corpo e risultano quindi posizionati sotto di esso anziché lateralmente.

Riassumendo, possiamo chiamare dinosauri tutti quei rettili vissuti tra 230 e 65 milioni di anni fa, unicamente sulle terre emerse (anche se poi avrebbero spiccato il volo) e caratterizzati, fra le altre cose, dagli arti direttamente sotto al corpo. Questi semplici elementi vi permetteranno di riconoscere un dinosauro quando vedrete un film o un documentario.

Una volta c’era Pangea. Ma prima di Pangea cosa c’era?

La storia geologica della Terra da molto prima della Pangea

Federica Colombo 15 marzo 2010

Molti quando pensano all’inizio della Terra, comunemente pensano a Pangea. In realtà quello non è proprio l’inizio: prima di Pangea ci sono stati altri supercontinenti; in particolare ce ne sono stati tre: Ur, Rodinia e Gondwana, forse non gli unici esistiti ma gli unici finora scoperti.

Esistono infatti alcuni criteri che permettono di individuare e ricostruire i supercontinenti: CRITERI GEOMETRICI: si nota la coincidenza dei margini continentali (es. le linee di costa di Africa e America meridionale);
CRITERI PALEOCLIMATICI: con alcuni fossili caratteristici o la presenza di alcune rocce si ricostruisce il clima del passato e quindi anche la latitudine (es. le evaporiti, rocce costituite da gesso e anidrite, si formano a latitudini fra 10° e 40° in zone in cui l’evaporazione è maggiore rispetto all’apporto di acqua dal continente);
CRITERI PALEONTOLOGICI: si possono trovare gli stessi fossili su continenti oggi separati;
CRITERI PALEOMAGNETICI: indicano come i continenti hanno cambiato le loro latitudini e longitudini nel passato ma mostrano la separazione delle placche costituenti il supercontinente, dal momento che le traiettorie paleo magnetiche non coincidono più;
CONTINUITÀ DELLE STRUTTURE GEOLOGICHE: si notano su continenti ormai separati continuità di catene oro geniche (si parla qui di strutture formatesi prima della separazione di Pangea).

Ora vediamo le trasformazioni di questi supercontinenti.

Per quanto riguarda Ur, le informazioni in possesso sono molto poche.

Rodinia invece si accresce circa 1000 e 1.2 miliorni di anni fa a seguito di una fase di convergenza che produce l’orogenesi di Greenville e la catena omonima. Mentre 750 Ma fa Rodinia inizia a frammentarsi.

Per quanto riguarda Gondwana, abbiamo informazioni con un dettaglio maggiore. Gondwana conteneva almeno cinque continenti attuali (Africa, Sudamerica, India, Australia e Antartica) ed alcuni frammenti di dimensioni minori (la penisola Araba, lo Sri Lanka, la Nuova Zelanda e il Madagascar).

Possiamo distinguere la storia di Gondwana in tre fasi:

GONDWANA 1: il supercontinente si forma 600 Ma fa al termine dell’orogenesi Pan-Africana-Brasiliana, a seguito di una serie di collisioni fra alcuni blocchi provenienti dalla frammentazione di Rodinia dando origine a due catene con andamento sub meridiano, la catena Monzabicana e la catena Trans-Sahariana.

GONDWANA 2: 550 Ma fa la Laurentia (che corrisponde all’attuale America del Nord) si separa da Gondwana, assieme a lei si separa anche la placca Baltica (attuale parte nord dell’Europa) e si forma l’Oceano Iapeto. 500 Ma fa (Ordoviciano) si separano anche Avalonia e Armorica, quindi in questa fase assistiamo a un rimpicciolimento del supercontinente.

GONDWANA 3: è il continente che alla fine del Paleozoico contribuisce alla formazione di Pangea. Da Gondwana 2 si sviluppa l’orogenesi caledoniana che è data dalla collisione fra Laurentia, Baltica e Gondwana 2. Della catena caledoniana si hanno tracce ben sviluppate in Europa dopo la subduzione dell’Oceano Iapeto e si apre l’Oceano Reico 450 Ma fa. Sia collisione che subduzione non sono sincrone lungo tutto il fronte: gli eventi più antichi risalgono a 500-460 Ma fa (a causa del ritrovamento di rocce metamorfiche di alta pressione che testimoniano la subduzione) mentre in altri punti a 440 Ma c’era ancora formazione di crosta oceanica (le ofioliti lo testimoniano). La definitiva chiusura dell’Oceano Iapeto e la collisione avvengono tra 430 e 410 Ma fa.

Si passa poi effettivamente alla formazione di Pangea grazie all’Orogenesi Varisica che termina circa 300 Ma e porta alla formazione della catena Varisica europea che deriva dalla collisione fra Gondwana, Laurentia, Baltica, Avalonia e placche minori come Armorica e si chiude così l’Oceano Reico.

Questo è proprio l’inizio della Terra come noi la conosciamo, si spera sia questo a cui molti si riferiranno quando penseranno all’inizio.

Federica Colombo

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