Come si riconosce una selce lavorata?

Davide Bertè 27 novembre 2011

La selce è una roccia formatasi in seguito alla deposizione di silice proveniente da radiolari, diatomee o spugne. Poiché ha tessitura amorfa, ha frattura concoide e non si rompe lungo piani di resistenza preferenziali.
La selce e l’ossidiana (una roccia di origine vulcanica) sono state a lungo utilizzate dai nostri antenati per ottenere degli strumenti affilati come rasoi.

selce-lavorata-faccia-ventrale
I metodi principali per la lavorazione della selce sono due: il façonnage e il debitage. Il façonnage prevede di cominciare a lavorare un nodulo di selce per ottenere un oggetto unico di forma determinata e di scartare le schegge ottenute. Il debitage, invece, prevede la produzione di schegge o lame e il nucleo restante alla fine è il prodotto di scarto.
Il nucleo è un blocco di materia prima da cui sono state staccate schegge, lame o lamelle; la scheggia invece proviene da un distacco su un blocco di materia prima colpito da una pressione o sottoposto a pressione.
Ci sono varie tecniche per ottenere le schegge: percussione diretta (colpendo il blocco con un percussore, litico od organico, per es. di corno di cervo o di legno) o percussione indiretta (frapponendo un utensile intermediario, è una tecnica per ottenere lame che compare a partire dal Mesolitico).
Su una scheggia si possono distinguere: 1) una faccia ventrale (con bulbo, ondulazioni, lancette e scagliature); 2) un tallone (cioè parte del piano di percussione che si è staccato con la scheggia); 3) una faccia dorsale (sulla quale si possono riconoscere i negativi delle schegge staccate precedentemente oppure può essere presente il cortice).
Se troviamo una scheggia con tutte queste caratteristiche possiamo essere sicuri di trovarci di fronte a un manufatto. In questo caso segnalate il ritrovamento a un Museo o ad una Università, infatti ricordo che, in Italia,la raccolta di materiale archeologico è vietata dalla legge.

Leggi ‘Le età della pietra’ …di Davide Bertè

Testi consigliati:
il testo migliore che si trovi sull’argomento è:
Inizian M.L., Reduron M., Roche H., Tixier J. 1995 Technologie de la pierre taillée. CREP, Paris.
Oppure la versione inglese:
Inizian M.L., Reduron M., Roche H., Tixier J. 1999 Technology and terminology of knapped stone. CREP, Paris.

Come si riconosce una selce lavorata?

La selce è una roccia formatasi in seguito alla deposizione di silice proveniente da radiolari, diatomee o spugne. Poiché ha tessitura amorfa, ha frattura concoide e non si rompe lungo piani di resistenza preferenziali.
La selce e l'ossidiana (una roccia di origine vulcanica) sono state a lungo utilizzate dai nostri antenati per ottenere degli strumenti affilati come rasoi.
I metodi principali per la lavorazione della selce sono due: il façonnage e il debitage. Il façonnage prevede di cominciare a lavorare un nodulo di selce per ottenere un oggetto unico di forma determinata e di scartare le schegge ottenute. Il debitage, invece, prevede la produzione di schegge o lame e il nucleo restante alla fine è il prodotto di scarto.
Il nucleo è un blocco di materia prima da cui sono state staccate schegge, lame o lamelle; la scheggia invece proviene da un distacco su un blocco di materia prima colpito da una pressione o sottoposto a pressione.
Ci sono varie tecniche per ottenere le schegge: percussione diretta (colpendo il blocco con un percussore, litico od organico, per es. di corno di cervo o di legno) o percussione indiretta (frapponendo un utensile intermediario, è una tecnica per ottenere lame che compare a partire dal Mesolitico).
Su una scheggia si possono distinguere: 1) una faccia ventrale (con bulbo, ondulazioni, lancette e scagliature); 2) un tallone (cioè parte del piano di percussione che si è staccato con la scheggia); 3) una faccia dorsale (sulla quale si possono riconoscere i negativi delle schegge staccate precedentemente oppure può essere presente il cortice).
Se troviamo una scheggia con tutte queste caratteristiche possiamo essere sicuri di trovarci di fronte a un manufatto. In questo caso segnalate il ritrovamento a un Museo o ad una Università, infatti ricordo che, in Italia,la raccolta di materiale archeologico è vietata dalla legge.

Testi consigliati:
il testo migliore che si trovi sull'argomento è:
Inizian M.L., Reduron M., Roche H., Tixier J. 1995 Technologie de la pierre taillée. CREP, Paris.
Oppure la versione inglese:
Inizian M.L., Reduron M., Roche H., Tixier J. 1999 Technology and terminology of knapped stone. CREP, Paris.

Buchenstein VS Perledo Varenna! I pesci fossili della Grigna Settentrionale

I primi Vertebrati fossili (Pesci e Rettili) trovati sulla Grigna sono stati estratti dai calcari neri e laminati conosciuti come ‘Nero di Varenna’ o, erroneamente ‘Marmo Nero di Varenna’ (erroneamente per il fatto che il nero di Varenna è un calcare a tutti gli effetti ovvero una roccia sedimentariea, mentre un marmo è una roccia metamorfica, ovvero un calcare trasformato da pressione e calore…)
Ancora più a est e quasi certamente collegato da alcuni canali d’acqua, si trovava un altro bacino con profondità simile a quello del Perledo-Varenna…e molto probabilmente un diverso contenuto in ossigeno al fondo…

Qui si formava il Buchenstein, ovvero un calcare bacinale, stratificato ricco in liste e noduli di silice sotto forma di selce (dovuti alla abbondante presenza di radiolari, organismi unicellulari a scheletro siliceo e all’attività vulcanica nelle vicinanze testimoniata anche da livelli cineritici dovuti all’accumulo sul fondale d ceneri vulcaniche…)

Ciao, mi presento: sono uno studente di geologia dell’università della Toscana, ho visto il tuo sito e devo dire che ammiro il tuo lavoro essendo un appassionato di Paleontologia fin da quando ero piccolissimo.

Ho visto che hai condotto degli scavi sulla Grigna Settentrionale o Grignone alla ricerca dei pesci,(deve essere stato fantastico vedere quelle meraviglie uscire dalla roccia) ora giungo al succo della mia domanda.
Siccome sto, anche se in anticipo, cercando di preparere una raccolta dati dei siti a pesci volevo sapere se quelli delle Grigne sono contenuti nella formazione di calcare di Perledo Varenna o esistono altre formazioni piu recenti? (dato che gli ultimi pesci dovrebbero essere stati scoperti da un’altra parte della Grigna Settentrionale se non erro).

In attesa di una cordiale risposta porgo Cordiali saluti
Frederic Solda

Ciao Frederic!
La domanda che mi poni in effetti è per ‘addetti ai lavori’ e basterebbe una riga per risponderti. Mi fai anche tornare alle grandi emozioni di alcuni momenti di quello scavo fantastico per tanti motivi, gente, colleghe/i, ambiente selvaggio…
Ti chiedo subito scusa se semplifico un po’ e magari introduco un poco l’argomento in modo che anche qualche ‘non addetto’ possa leggere e capire qualcosa…
Di sicuro però ti risponderò!!!

scavo_roccia

– Qui una ‘piccola’ photogallery degli scavi
…ma soprattutto di persone degli scavi in Grigna…

Stiamo parlando di pesci fossili ovviamente e Frederic sei ben informato.
I primi Vertebrati fossili (Pesci e Rettili) trovati sulla Grigna sono stati estratti dai calcari neri e laminati conosciuti come ‘Nero di Varenna’ o, erroneamente ‘Marmo Nero di Varenna’ (erroneamente per il fatto che il nero di Varenna è un calcare a tutti gli effetti ovvero una roccia sedimentaria, mentre un marmo è una roccia metamorfica, ovvero un calcare trasformato da pressione e calore…)
Questi fossili sarebbero stati trovati in alcuni blocchi franati in Val d’Esino o in una cava, ma tutto ciò che si sa sulla loro provenienza sono racconti… Già questo è affascinante se pensiamo che i ritrovamenti risalgono solo a metà del 1800…
Il Perledo-Varenna come viene chiamato normalmente da chi ci lavora o ci ha lavorato è un calcare bacinale (di un bacino d’acqua) formatosi nel Triassico medio in fondali marini mediamente profondi (nell’ordine del centinaio di metri), anossici (senza ossigeno) da cui il colore nero per la presenza di molta materia organica parzialmente decomposta…

Il bacino marino in cui si è formato il Perledo-Varenna era vicino ad una zona di mare basso detta piattaforma carbonatica (in cui, ad opera di organismi, grazie anche al clima caldo del mesozoico, si formava il carbonato di calcio ovvero il calcare massiccio!) che ha dato origine al Calcare di Esino il quale compone gran parte delle Grigne …dove si arrampica!

Ancora più a est e quasi certamente collegato da alcuni canali d’acqua, si trovava un altro bacino con profondità simile a quello del Perledo-Varenna…e molto probabilmente un diverso contenuto in ossigeno al fondo…

Qui si formava il Buchenstein, ovvero un calcare bacinale, stratificato ricco in liste e noduli di silice sotto forma di selce (dovuti alla abbondante presenza di radiolari, organismi unicellulari a scheletro siliceo e all’attività vulcanica nelle vicinanze testimoniata anche da livelli cineritici dovuti all’accumulo sul fondale d ceneri vulcaniche…)

Circa 25 anni fa A.Tintori, durante un’escursione sotto gli scudi del Grignone trovò il primo resto di Vertebrato fossile all’interno di queste rocce… Quando poi i tempi sono stati maturi è cominciata l’attività di ricerca dell’Unversità degli Studi di Milano di cui ho fatto parte e che ha portato ad una conoscenza più approfondita della distribuzione geografica e spaziale di molte specie di Pesci del Triassico medio lombardo.
Gli studi sui conodonti (parti di apparato boccale dei primi vertebrati che siano mai esistiti? …e poi estinti al limite superiore del Triassico) hanno reso possibile la datazione del Buchenstein riconducendolo al ladinico inferiore.
Ci sono molti generi somiglianti e a volte uguali tra le specie di Vertebrati del Perledo-Varenna e del Buchenstein. Troviamo somiglianze anche col trias medio del M. San Giorgio e sembra che, a piccola scala, si possano fare delle correlazioni stratigrafiche utilizzando anche i Vertebrati e non solo i microfossili…
E’ incredibile poi la somiglianza con alcuni generi cinesi, ma non oso addentrarmi nell’argomento lasciandolo agli approfonditi studi ancora in corso…
Ricordo solo che, nel triassico medio, Grigna e sud della Cina erano parte delle coste settentrionali dell’Oceano della Tetide di cui oggi restano solo dei resti e degli indizi …tra cui questi pescetti fossili che nel loro piccolo arrivano anche al metro e mezzo di lunghezza!

Sperando di aver soddisfatto le tue richieste…
cordialmente ti auguro buoni studi universitari!
A presto e continua a visitarci.

Bibliografia:
Da lavori vari del prof. Andrea Tintori tra cui moltissime chiacchierate fatte insieme, …e la fortuna di lavorare a stretto contatto con Paleontologi professionisti, studenti e appassionati di grande calibro!

Stefano Rossignoli 24 settembre 2010

Cercare e collezionare fossili in Italia è legale?

Buongiorno,
ho trovato il suo indirizzo mail visitando il sito (che trovo molto bello, complimenti!) e mi permetto di chiederle una cosa:
un mio ex professore di scienze (appassionato cercatore) mi ha regalato una ventina di fossili perché mio figlio Giona (che ha solo quattro anni e mezzo) è molto interessato alla natura ed in particolare proprio ai fossili. A tal riguardo le vorrei chiedere se è legalmente possibile cercarli e collezionarli in previsione futura di qualche tentativo di ricerca con mio figlio, una volta più grandicello.
La ringrazio anticipatamente per la risposta.
Con cordiali saluti

Paolo Rezzante
Vicenza

Caro Paolo, comincio subito col ringraziarti per i complimenti che fai al sito. E’ sempre un piacere riceverne e ci gratifica per il tempo speso a studiare e a scrivere…

scavo_roccia

Di solito per rispondere a una domanda mi tocca studiare e documentarmi parecchio, ma questa volta è tutto molto semplice.
Mi intenerisce parecchio e fa piacevolmente sorridere immaginare genitori e figli piccoli a ‘caccia’ di fossili insieme! E’ proprio bello! …però…
Semplicemente lo scavo e l’estrazione dei fossili in Italia sono attività illegale e vietata salvo concessione governativa e più precisamente della ‘sovraintendenza ai beni archeologici’.
Acquistarne e collezionarli non è vietato, a patto di avere regolare certificato che ne afferma l’acquisto da un paese estero in cui la ricerca e la vendita siano consentiti (ad esempio Marocco o USA) e che il fossile abbia passato legalmente la frontiera.
Che io sappia qui in Italia l’unica eccezione è a Bolca (VR) in cui da anni i proprietari del fondo possono vendere alcuni reperti che non vengono ritenuti necessari alla ricerca scientifica.

Concludo dicendo che forse l’unico modo per cercare fossili ‘tranquillamente’ (e lo metto tra virgolette perchè è talmente emozionante…) con tuo figlio potrebbe essere quello di un viaggio all’estero …magari negli USA aggregandosi come volontari, tra qualche anno, in qualche scavo universitario/museale (so che esiste la possibilità ma non ne conosco i dettagli).

L’alternativa per l’Italia (a mio avviso) è che è vietato scavare ed estrarli, ma nessuno vieta di cercarli!!! Lo so che trovarli e lasciarli lì avvisando un’Università o un Museo è una cosa più che discutibile ma, se capita, può anche essere una grande soddisfazione.
E’ anche vero che trovare fossili senza scavare è quasi impossibile nella maggior parte dei casi, ma ci sono situazioni (certamente rare) in cui i fossili affiorano naturalmente o artificialmente a causa di qualche scavo stradale fatto in aree fossilifere…

Dal mio punto di vista devo dire che mi sento molto fortunato perchè non sento l’esigenza di andare a cercare fossili, probabilmente perchè quando vado lo faccio per lavoro, quindi con tutte le autorizzazioni del caso.

Un po’ mi spiace dover sempre deludere chi mi fa questa domanda, ma mi auguro che tu e tuo figlio possiate in futuro prendere un aereo insieme per una ‘vacanza fossilifera’ indimenticabile!

Stefano Rossignoli 21 settembre 2010

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