Qualche settimana fa gironzolavo per il Monte San Giorgio come ospite della classe quarta media di Riva San Vitale (CH – In Svizzera le medie sono quattro!), accompagnata per l’evenienza dal loro professore, mio amico nonché compagno di scuola superiore e di Università (Due meccanici diventati naturalisti!!!).
Durante una sosta per spiegare che stavamo camminando sulla linea in cui le rocce cambiano da vulcaniche a sedimentarie, un ragazzo con un ottimo spirito di osservazione notò e ci chiese di spiegare il fenomeno che poi ho ripreso in fotografia di due insetti infilzati sulle spine di un arbusto…
Né io né Enrico avevamo mai visto questa cosa, ma mi venne in mente che un mio amico naturalista, qualche anno fa aveva scoperto che alcuni scoiattoli fanno una raccolta di funghi autunnale come riserva di cibo per l’inverno e li mettono a seccare sulle ramificazioni dei rami degli alberi.
Abbiamo pensato che questo fosse un comportamento analogo da parte di qualche predatore.
E’ bastata una veloce ricerca in rete da parte di Enrico per trovare il “colpevole”.
Le spine vengono infatti utilizzate dalle Averle che sono dei passeriformi presenti sul Monte San Giorgio. Le averle si cibano di insetti e di piccoli vertebrati (rettili e uccelli). Quando il cibo abbonda si fanno anche una riserva di prede che infilzano sulle spine dei rami degli arbusti del bosco e consumano successivamente…
Complimenti ai ragazzi a Enrico e grazie ancora per la bella giornata passata insieme!
Avendo studiato per anni la genetica dei tumori da un punto di vista molto specifico, ovvero dal punto di vista del coinvolgimento di un gene (BRCA1: breast cancer 1, early onset) in una malattia (il cancro al seno), mi sono spesso sentita chiedere a che cosa serva la ricerca di base in questo campo.
La mia risposta (che scrivo qui per chiarirla bene prima di tutto a me stessa!) necessita di due argomentazioni fondamentali.
La genetica dei tumori non aiuta a capire solo le cause dei tumori con una predisposizione genetica, ma, attraverso lo studio di questi, contribuisce a spiegare in generale tutti i tipi di tumore. Non solo, la ricerca di base, studiando le cellule tumorali, ci può portare alla spiegazione di meccanismi molecolari delle cellule normali.
Faccio l’esempio di BRCA1, che mi torna comodo!
BRCA1 è un gene associato alla predisposizione al cancro al seno: questo significa che vi sono mutazioni di questo gene che conferiscono al portatore una percentuale di rischio maggiore, rispetto a chi non le ha, di sviluppare tale tumore nel corso della vita. Inoltre, si sa che la maggior parte delle mutazioni associate al cancro trovate in questo gene sono mutazioni che portano ad una perdita di funzione: in poche parole, è più probabile sviluppare il tumore quando la mutazione di questo gene provoca una proteina che non funziona. Questo implica che, quando BRCA1 è invece funzionale, costituisca un soppressore di tumore: contribuisce cioè a prevenire lo sviluppo di questa malattia.
Per molto tempo, l’azione di soppressore di tumore al seno di BRCA1 ha costituito un dato di fatto, di cui però non si conoscevano le ragioni. Ancora oggi, il suo coinvolgimento in questo tumore non è stato spiegato completamente: questo soprattutto perché il meccanismo di questo coinvolgimento non riguarda un unico processo cellulare ma ha a che fare con varie tra le molteplici funzioni di questo gene.
Ok, ma veniamo al ruolo della ricerca.
Se si trova che un dato gene è associato ad una malattia la ricerca può andare a vedere che cosa succede ad altre molecole quando la funzione del gene è modificata o annullata. Se non si conoscono ancora i processi in cui il gene è coinvolto, come nel caso di BRCA1, si fa uno “screening” dell’intero genoma, che può esser fatto con vari tipi di tecniche che non mi interessa raccontarvi oggi e in questa sede.
Basti dire che questo “screening” generale permette di individuare molecole che interagiscano con il gene di interesse o siano influenzate dalla sua funzione, che facciano parte insomma di macchinari molecolari comuni.
Può essere che si trovino collegamenti del gene a processi ben conosciuti e di cui si conoscono già gli “attori principali”: questo è il caso, ad esempio, della scoperta del collegamento di BRCA1 con un sistema cellulare di degradazione delle proteine (ubiquitinizzazione). Poi, può anche accadere che si trovino collegamenti del gene con gruppi di proteine che non siano ancora stati collegati tra loro e di cui non si conosca ancora la funzione approfonditamente: è il caso del BASC (Brca1-Associated Surveillance Complex), un “macchinario di sorveglianza del DNA”. Questo “macchinario molecolare”, come oggi si sa, è costituito da un gruppo di proteine che garantiscono l’integrità e la copia fedele, al momento della divisione cellulare, del DNA destinato alle cellule figlie. Laddove vi sia un danno al DNA, questo macchinario deve indurre un blocco del ciclo cellulare e, se possibile, riparare il danno per poi far ripartire il meccanismo di divisione. Se non si riesce a rimediare al danno, il macchinario di sorveglianza deve obbligare la cellula a “suicidarsi” attivando il meccanismo di morte cellulare programmata, chiamato apoptosi. Questo perché, se la cellula non ripara il danno e continua comunque a dividersi, si porta dietro l’errore, generando una nuova mutazione, ed è proprio l’accumulo di queste mutazioni nel corso delle divisioni cellulari che porta, alla fine, allo sviluppo di un tumore.
Il BASC è stato scoperto grazie agli studi fatti su BRCA1, quando ancora si sapeva poco o nulla di questo macchinario proteico, pur conoscendo singolarmente la funzione di alcuni dei suoi componenti. Quindi, lo studio dei meccanismi molecolari coinvolgenti il nostro gene, in questo caso, non ha soltanto aiutato a capire che cosa accada in cellule (e, quindi, in pazienti) con una mutazione di BRCA1, ma ha anche portato a scoprire uno dei meccanismi con cui avviene la “sorveglianza sul DNA” in cellule normali. Questo è un buon esempio di come la ricerca di base, partendo da un problema circoscritto, possa avere ripercussioni a livello molto più ampio. E questa è la mia prima argomentazione a favore della ricerca.
A questo punto, può comunque nascere la domanda classica: ok, dopo aver capito che una ricerca, anche molto specifica, può condurre alla scoperta di qualcosa di importante e ad ampio respiro, tutto questo a che cosa serve?
La risposta costituisce la mia seconda argomentazione.
Sapere come funziona una malattia può aiutare sempre nella cura, fondamentalmente perchè conoscere a fondo un disturbo permette una cura mirata. Ad esempio, una importante parte dei farmaci antitumorali agisce cercando di mandare la cellula in apoptosi, ovvero attivando la Leggi tutto “Genetica molecolare e lotta ai tumori: a che cosa serve la ricerca di base?”
La personalità umana è, da secoli, al centro dell’interesse di studiosi appartenenti a discipline diverse e distanti tra loro. Storicamente indagata dalla filosofia e, in seguito, dalla psicologia, è oggi studiata approfonditamente anche dai medici e dai biologi, in particolare neuroscienziati e genetisti.
Ma che cosa c’entrano i neuroni e i geni con la “mente” della gente?
Nella mia vita, al di là degli addetti ai lavori della scienza, ho quasi sempre incontrato persone convinte che la “mente” e, per dire, il fegato fossero cose completamente diverse, di certo non fatte della stessa materia. La mente non è mica roba fisica, è un po’come l’anima, roba seria insomma. Nobile. Eppure, con una martellata forte in testa, ciao ciao alla memoria, ai sentimenti e quant’altro…!
Tra gli scienziati, invece, spesso ho sentito parlare del carattere di qualcuno in meri termini di livelli di neurotrasmettitori. Come non ci fosse nient’altro: storia personale, sfumature…
Queste diverse categorie di persone, tra di loro, riescono a parlare?
Io cercherò di parlare da scienziata a non-scienziati.
Alcuni geni sono implicati nella predisposizione allo sviluppo di determinati tratti della personalità, nonchè di disturbi di essa. “Predisposizione” significa avere, per trasmissione ereditaria, una probabilità maggiore della media di sviluppare un determinato tratto, o disturbo mentale. Spesso, la probabilità più alta della media è quella di sviluppare un tratto/disturbo solo in risposta ad un certo contesto ambientale. Che cosa significa in risposta? Che questo tratto, o disturbo, potrebbe, anche in soggetti predisposti, non essere mai sviluppato in assenza di un determinato evento o ambiente. Ad esempio, gli individui predisposti geneticamente al “disturbo da stress post traumatico” (Post Traumatic Stress Disorder) hanno una probabilità più alta della media di sviluppare depressione, ma solo in risposta ad un evento traumatico nella loro vita. Se l’evento non avviene, non si differenziano in nessun modo, nel carattere e nella probabilità di diventare depressi, dai soggetti non predisposti.
Ecco perchè si pensa che la personalità di un individuo, in un dato momento, sia il risultato di una interazione geni-ambiente che comincia alla sua nascita e continua a “formarlo” per tutto il corso della sua vita. Non sono i soli geni né il solo contesto ambientale a determinarla, ma il loro effetto complessivo.
La questione più importante risiede nel se e quando si debba fare uso, nella società, delle conoscenze che si acquisiscono dalla scienza, così come dalle altre discipline.
Cercherò di argomentare con degli esempi.
Esempio di un tratto caratteriale con una componente genetica: una “personalità altamente sensibile” (Highly Sensitive Personality). Questo tratto non costituisce affatto una patologia e fa parte delle caratteristiche variabili che contribuiscono ad una normale e sana diversità tra individui, definendo parte della personalità delle persone che lo manifestano. Comprendere le sue caratteristiche penso sia utile alla società come qualunque altra conoscenza riguardo la psicologia delle persone. In casi del genere, non credo sia opportuno intervenire in alcun modo per prevenire o modificare un simile tratto caratteriale, semplicemente penso che la società dovrebbeadeguarsi alla diverse realtà delle condizioni psicologiche dei suoi membri.
Esempio di un disturbo mentale con componenti genetiche: la depressione, patologia che affligge una parte imponente della popolazione mondiale ed ha molti sotto-tipi, tra cui il Leggi tutto “La personalità è “scritta” nei geni?”
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