Stefano Rossignoli – Un ricordo dell’estate 2014
In collaborazione con RADAR, il trimestrale del CAI di Corsico
Radar n°115 – apri – download gratuito
Un titolo di solito lo si dà a una canzone, una poesia, a un quadro, ad un opera letteraria, a un racconto, tutt’al più a un articolo…
Lo si dà per rendere l’idea e, molto spesso nel mio caso, per rendere omaggio alla musa e alla protagonista dei miei pensieri.
Ne ho scritte molte di canzoni e di racconti, anche di articoli di divulgazione scientifica ma questa volta il titolo è per lei e solo per lei: per la guerriera bella e senza amore!
E’ per rendere omaggio a tre meravigliose stagioni di scavi paleontologici passati negli angoli più reconditi della Grigna Settentrionale!
Dunque è lei la protagonista!
Quella montagna apparentemente immobile all’orizzonte rapisce spesso i miei e i nostri pensieri ispirando una breve fuga dell’ultimo istante o itinerari grandiosi che vanno accuratamente pianificati e poi guadagnati dopo regolari ed estenuanti allenamenti.
La Grigna Settentrionale o Grignone è stata per anni anche oggetto del mio lavoro.
Non sono un ricercatore, un dottorando, men che meno un professore o chissà che cosa, ma ho avuto la fortuna di lavorare per anni a contatto col mondo della ricerca scientifica come tecnico e operaio per paleontologi e studenti di Paleontologia, ovvero come “Cercatore e preparatore di fossili” presso il Dipartimento di Scienze della Terra di Milano.
E’ così che, spinto non poco dall’instancabile Alessandra Panvini Rosati, mi sono impegnato ad omaggiare il Grignone ideando un itinerario escursionistico EEA nelle aree di lavoro dell’Università degli Studi di Milano e poi oltre.
Un itinerario severo, di indiscutibile bellezza e di grande interesse geologico e paleontologico.
La Gita era in calendario per il 28 giugno 2014 in collaborazione con Edelweiss.
Quel giorno scendeva il diluvio universale e, a gita ufficialmente annullata, solo gli impavidi accompagnatori si sono avventurati in via del tutto privata su per la montagna ripida e ferrigna…ma andiamo con ordine:
Vi descriverò le varie parti del tracciato sfruttando come filo logico le caratteristiche e l’ottima compagnia dei miei soci di ricognizione della settimana prima, della mia socia accompagnatrice e degli allievi del corso di arrampicata che han voluto esplorare successivamente l’itinerario…
Su cinque compagni di viaggio ce ne sono tre chiacchieroni e due silenziosi.
I chiacchieroni hanno volumi della voce diversi tra loro: Molto forte, forte, piano… (Il mio volume è “medio/piano” e sono anche io un inguaribile chiacchierone che ogni tanto si sforza di stare in silenzio con magri risultati…)
Si parla di noi, mica si spettegola. Questo non lo sopporterei!
28 giugno 2014, parcheggio della chiesetta del Sacro Cuore sopra il colle di Balisio. Non piove ancora…
Socia: Alessandra. Chiacchierona. Volume vocale: molto forte!
Il tempo è comunque un inferno. In giro è tutto bagnato fradicio. Non si vede quasi nessuno ma si sa che sulle Grigne c’è sempre qualcuno in giro…. Quindi nessuno o quasi ha potuto ascoltare i racconti di Alex, tranne me ovviamente! Dopo un caffè a Balisio, partiamo sulla sterrata nella valle dei Grassi Lunghi (ovvero dei Prati Lunghi). Siamo coperti come se fosse marzo o aprile ma in realtà fa più caldo del previsto.
Dopo un altro caffè al Rifugio Antonietta in Pialeral ci spingiamo alla piana superiore dove sorgeva il vecchio rifugio Tedeschi. Fino a qui camminiamo su sentieri abbondantemente frequentati dagli escursionisti in caso di bel tempo.
Dal pianoro erboso, salendo lievemente a sinistra nel pascolo e infilandosi tra due roccette, si trova una traccia a mezza costa che, attraverso pascoli e un bosco di faggi, porta fino alla Baita Amalia presso la quale c’è una fontana.
Sempre a mezza costa, dal prato antistante la baita, continua la traccia di sentiero verso la Baita dello Scudo.
Il versante comincia a farsi ripido ma non ancora esposto.
Il sentiero ogni tanto sparisce sotto i piedi, reso sconnesso dalle intemperie e dalla forza di gravità. Siamo fortunati perchè la neve è andata via da poco tempo e l’erba e le ortiche non hanno ancora fatto in tempo a crescere rigogliose e non vanno oltre i 50/70 cm di altezza!
La Grignetta non si vede. I panorami sono appiattiti dalla scarsa luce diffusa dalle nuvole. Prendiamo un sacco di acqua ma non è temporale. Si può proseguire!
Alessandra è dispiaciuta di aver dimenticato la macchina fotografica perchè il prato è disseminato di colori.
I fiori di innumerevoli famiglie, generi e specie sono una gioia per gli occhi.
In una pozza d’acqua attrezzata dai pastori, notiamo qualche rospo, alcuni coleotteri predatori e larve di libellula anch’esse temibili predatrici.
Verrà anche qualche occhiata di sole e Alessandra sarà ancor più dispiaciuta di non poter catturare quella luce meravigliosa e quei colori dai toni magici.
Tra le tante cose che mi racconterà, Alex ha una Galleria fotografica in internet molto bella e capirò in seguito perchè si dispiaceva così tanto per la sua dimenticanza. Alessandra scatta delle foto meravigliose. il link: http://500px.com/matemate65. Dopo la pozza d’acqua il sentiero comincia a farsi esposto anche se solo lievemente…
Stiamo camminando sulla formazione rocciosa chiamata “Calcare di Prezzo” che sta sopra al “Calcare di Angolo”, entrambe formazioni del periodo Ladinico inferiore (sedimentate circa 240 milioni di anni fa). http://www.stratigraphy.org/index.php/ics-chart-timescale .
La banconata di rocce più bassa che forma il primo scudo rossiccio, precipita a valle per un centinaio di metri. E’ un calcare a stratificazione massiccia che alla vista può ricordare vagamente la Dolomia Principale di cui ho già scritto su Radar n 113 – apri – download gratuito.
Il Calcare di Prezzo invece è moto ben stratificato e nella sua parte basale racchiude gli strati rocciosi del “Banco a Brachiopodi”.
I Brachiopodi sono animali con la conchiglia. Qui, fossilizzati, ce ne sono a milioni, o a miliardi se preferite.
Sono grandi come una monetina. Non sono Molluschi e ne esistono alcuni anche oggi. Sono animali che si nutrono (e si nutrivano) attraverso una corona di piccoli tentacoli che forma una corrente di acqua nei pressi della bocca. Il corpo, i muscoli e tutti gli organi interni sono protetti da una conchiglia bivalve (ovvero formata da due parti dette valve, una superiore e l’altra inferiore).
E’ impressionante vedere che i rivoli di acqua piovana si portano giù nel burrone molte delle conchiglie che sono finite sul sentiero a causa dell’erosione della roccia da parte dell’acqua piovana e a causa del gelo invernale.
Tra qualche giorno si troveranno sfracellate centinaia di metri più a valle!
I brachiopodi più comuni che troviamo qui sono le Tetractinelle!
Il nome Tetractinella trigonella deriva da tetra (quattro) e actine (spine) e tri (tre) gono (angolo), quindi aspettiamoci un triangolo con quattro punte acuminate!
Il colore chiaro dei gusci e leggermente diverso da quello delle rocce incassanti ne rende facile l’osservazione.
Ci troviamo quindi su un’accumulo di sedimenti (divenuti ora roccia) in cui le condizioni ambientali al fondo dovevano essere cambiate e dovevano essere più ospitali per questi antichi esseri viventi di cui si trova abbondante traccia.
Saliamo ora decisamente verso la piccola Baita dello Scudo.
Il vecchio padrone veniva ogni anno a farci visita durante gli scavi.
Era molto simpatico e gentile e ci concedeva la possibilità di sfruttare il piccolo portichetto come riparo per noi e gli attrezzi in caso di cattivo tempo o nel caso in cui il sole esagerasse, come ad esempio nel luglio 2007.
Ora la baita è sempre ben tenuta dalla famiglia erede.
Anche solo guardando le rocce utilizzate per costruire i muri si può fare un breve inquadramento geologico della zona in cui ci troviamo.
Siamo ormai sulla “Formazione di Buchenstein” conosciuta anche come “Strati di Livinallongo”, un calcare bacinale molto ben stratificato e a tratti laminare. Il calcare grigio chiaro è intervallato da caratteristici strati di selce nerissima o frammisto di selce in noduli. I noduli sono come le uvette nel panettone, solamente un po’ più grandi di qualche centimetro!
Il tempo però sta esagerando. Un altro diluvio arriva proprio quando io e Alex siamo alla baita e il provvidenziale portichetto salverà per l’ennesima volta i viandanti da una super doccia esagerata!
Una piccola merenda e via, fradici come pulcini torneremo alla base, non dopo un buon pranzetto in rifugio!
Niente caprioli, marmotte e camosci. Sarà il tempo, sarà il volume della nostra inarrestabile voce…!!!
Secondo tratto
Soci:
Luca (amico geologo). Chiacchierone. Volume vocale: forte.
Paolo (ex allievo dei corsi di arrampicata 2013 e 2014). Silenzioso – Quando parla, parla piano.
E’ con loro che vado in ricognizione il week end prima del 28 giugno.
Anche questa volta non vedremo animali selvatici di sorta a parte un camoscio che bruca poco sopra la Baita dello Scudo a debita distanza.
E’ da qui che per un crinale prativo ci spingiamo verso lo scavo fossilifero. Il calcare ben stratificato è più erodibile di quello massiccio e per questo si formano pendii meno inclinati che tempo fa erano occupati dalla foresta poi disboscata per farne prati da sfalcio e pascolo.
Nella parte inferiore della formazione di Buchenstein, nel 1981, durante un’escursione geologica dell’università venne trovato un resto di pesce fossile e da allora, il fortunato studente Andrea Tintori, oggi professore ordinario di Paleontologia a Milano ha sempre sperato di potersi occupare dello studio della zona.
E’ nel 2001 che cominciano i lavori di scavo, prima più a valle, poi più a monte, seguendo l’inclinazione degli strati fossiliferi e da allora, fino al 2010 sono stati trovati circa 1500 fossili, soprattutto pesci, ma anche crostacei, molluschi e resti vegetali oltre ad un’incredibile ed improbabile Stella Marina.
Lo scavo è oggi abbandonato e transitarci mi provoca tristezza e nostalgia, ma anche gioia per i bei ricordi.
Sono state ore, giorni e mesi di duro lavoro a spaccare e trasportar sassi come antichi minatori apparentemente separati dal mondo in quell’ambiente così selvaggio, ma anche giorni spensierati e occasione per conoscere e godere a volte al massimo di persone tanto forti, quanto speciali… Photogallery2009
Da qui in poi però il lavoro finisce. Ora ci mettiamo il casco in testa e saliamo allo scudo.
In realtà, per lavoro col collega Geologo PHD Marco Rusconi avevamo campionato la Formazione di Buchenstein dalla base al tetto fin su allo scudo ma la via non è data a sapere e non è il caso che venga ripetuta.
Certe cose è meglio che restino tra scienziati e quindi torniamo a noi…
Continuiamo per il crinale fin su allo Scudo.
Transitare a bordo parete verso la cresta sud del Grignone ricorda a Paolo qualche angolo delle Dolomiti. Anche Paolo è appassionato di fotografia e non ha dimenticato la sua bellissima reflex!
L’ambiente è severo. Il calcare dello scudo è massiccio e Luca nota subito il passaggio dagli strati del Buchenstein alla vera e stupenda roccia delle Grigne, quella su cui si arrampica, ovvero il “Calcare di Esino”.
Si notano fin troppo bene anche i crolli recenti di speroni e rocce gigantesche provocati dall’abbondante innevamento invernale.
La parete si staglia verticale sopra di noi. A volte si perde nelle nuvole che sono abbondanti ma non mordono.
Sarà una giornata asciutta.
Arriviamo sul crinale erboso della cresta sud appena sotto le catene che sormontano lo scudo.
Una piccola pausa e poi in un attimo ci infiliamo imbragature e kit da ferrata per sormontare in tre minuti quei pochi e facili metri sub-verticali che ormai sono già sotto di noi.
Per arrivare in cima mancano solo 400m di dislivello e i canali sono tutti puliti dalla neve. Il cielo si apre sempre di più e il sole e il caldo faranno i padroni durante l’ultima parte di salita e la discesa.
Arriviamo al rif. Brioschi sotto un sole cocente e la enorme quantità di neve rimasta sul versante nord ci abbaglia insieme alla bellezza del panorama a 360° che molti di voi conosceranno già!
Discesa dall’invernale. E’ ripida ma pulita.
Sabato prossimo si potrà fare una bella gita! …anche se poi è andata come è andata…
Alle 19:00 a casa che le loro mogli aspettano…
Ma è con Laura e Gianluca che si starà in giro più a lungo, durante una splendida giornata, di quelle che quest’estate se ne son viste poche…
Soci:
Laura (ex allieva dei corsi di arrampicata 2013 e 2014). Chiacchierona. Volume vocale: piano.
Gianluca (ex allievo dei corsi di arrampicata 2013 e 2014). Silenzioso. Quando parla, parla piano.
Sarà per il volume vocale o per il meteo, ma credo di più a causa del primo, che è stato un giorno di avvistamenti, a partire dai camosci di prima mattina sui prati degli scudi…
Laura oggi punta alla cima. Lei punta alle cime, quindi anche oggi si va in Brioschi e non si discute! Gianlu, nemmeno a dirlo, è una macchina …in assetto mono-bastone come gli antichi alpinisti del ‘600 con il loro Alpenstock!
Nemmeno un serpente che gli sfilerà in mezzo ai piedi su un ripidissimo e strettissimo mezza-costa erboso riuscirà a smuoverlo…
L’itinerario di salita è stato il medesimo della ricognizione, salvo qualche piccola variante…
Con due forti climbers come Lauretta e Gianlu, abbiamo fatto una puntatina veloce a tastare la spettacolare e quasi vergine roccia dello scudo nella sua parte più massiccia.
Qui, sulla liscia parete che ricorda un “Sasso Cavallo” in miniatura, sono state aperte pochissimi anni fa alcune vie sportive impegnative e, se le sapessi fare, arrampicherei lassù almeno una volta al mese sia per quanto è bello e …selvaggio… il luogo sia per quanto è strepitosa la roccia.
Tecnicamente, all’altezza delle facili roccette della traversata alta, io e Laura, abbiamo sostituito il kit da ferrata con una progressione in conserva protetta che ha richiesto qualche secondo in più per legarsi e qualche secondo in meno per progredire rispetto all’utilizzo del kit da ferrata…
Arriviamo in cima al Grignone ed è sempre una gioia.
Pausa ristoratrice in rifugio ed una spettacolare pennichella su una chiazza di prato, al sole, con visuale infinita a nord sul paradiso delle Alpi ancora estremamente innevate…
Oggi però cambiamo la discesa.
Abbiamo tempo, allora andiamo a caccia di Marmotte! Basta scendere per il classico itinerario estivo verso il Pialeral e prendere un bel sentiero a destra poco prima di arrivare sul “Sasso di Grigna”.
La valle che si apre appena sotto di noi arriva fin sopra il pianoro dove sorgeva il vecchio Rifugio Tedeschi.
Delimitata da un bosco di Mughi a destra e dal sasso di Grigna a sinistra rimane piuttosto isolata ed è popolata da molte marmotte che non è difficile vedere di sera e di mattina presto.
Intercetterò io la prima, poi ne vedrà una Laura ma di certo il ruolo di Marmot-detector spetta a Gianlu che ne avvisterà a decine…
Il Sasso di Grigna alla nostra sinistra è composto da una breccia.
Una breccia è una roccia.
Questa deriva da una roccia preesistente fratturata in piccoli pezzi, solitamente da frane, e poi ricementata.
La roccia preesistente è il Calcare di Esino che in passato collassò in una enorme frana che è ricementata nel Sasso di Grigna.
Il Grignone è famoso anche perchè nel suo calcare si aprono moltissime grotte ed alcune di esse sono tra le più profonde in Europa. Le grotte si aprono perchè il calcare è solubile nell’acqua piovana che è sempre leggermente acida.
Il sasso di Grigna è anch’esso di calcare e, pur essendo più recente della roccia preesistente, ha avuto tempo di essere perforato dall’azione di dissoluzione dell’acqua piovana.
E’ così che nel sasso si aprono una moltitudine di ripari e piccole grotte. La tentazione di andare ad esplorarne qualcuna è irresistibile, allora ci rimettiamo il casco in testa e andiamo a bordo parete curiosando quasi in ogni anfratto della montagna!
Le inconfondibili tracce che troviamo all’interno, ci riportano alla frequentazione da parte dei camosci in cerca di riparo.
Mentre saliamo alle grotte Gianlu, dotato di un ottimo colpo d’occhio naturalistico, nota anche una sinuosa e carinissima biscia d’acqua (Natrix natrix) mentre sta predando girini in una dolina impermeabilizzata e trasformata in pozza d’acqua come abbeveratoio per gli animali al pascolo…
Ora è tardi. Non c’è in giro più nessuno tranne noi.
Anche i boschi e gli sterrati sotto il Pialeral normalmente molto frequentati sembrano fuori dal mondo come i pendii e gli angoli della montagna che abbiamo esplorato oggi.
La gita si conclude qui, alla fontanella di fronte alla Chiesetta del Sacro Cuore. Non c’è nemmeno più in parcheggio la Panda rossa dell’instancabile Claudio che quasi tutti i giorni sale a piedi in Grignone…
Un saluto alla montagna, palestra di arrampicata, custode di antri profondi, fonte di studio e sapere per gli scienziati ma soprattutto fonte inesauribile di emozioni per il sottoscritto e, mi auguro, anche per i miei poliedrici e preziosi compagni di viaggio.