Stefano Rossignoli 29 gennaio 2013
19 gennaio 2013 Crolla il Dito Dones… Le solite sciocchezze: cadono due sassi, fanno un po’ di rumore e ‘loro’ ci dicono che è crollata una montagna…
Il Dito per fortuna è ancora lassù a indicare i cieli della Valsassina ma non è detto che un giorno non farà quella fine, anche se credo che da quelle parti ci siano guglie che cadranno molto prima del Dito…oltre a quelle che son già crollate in tempi recenti…
Io comunque utilizzerò questo spunto per trattare un argomento che discuto da tempo con gli amici alpinisti e scalatori, ovvero:
“Scaliamole prima che crollino!”
Il Dito Dones, è una montagna geologicamente ed esteticamente molto interessante. E’ una guglia sottile e verticale che si erge sopra un basamento un poco più largo. Percorrendo la strada della Valsassina tra Pasturo e Ballabio (LC) sembra una grande mano pietrificata con l’indice che punta verso l’alto da cui il nome Dito. Erminio Dones e Benvenuto Basili furono i primi salitori nel 1926… Il Dito è composto dalla stessa Dolomia (Dolomia principale – Triassico superiore) che forma una buona parte delle Dolomiti, ma non si trova in Dolomiti. E’ appena sopra Lecco, a oltre 200 km in linea d’aria dalle Dolomiti indicate sulla carta geografica.
La frana avvenuta pochi giorni fa, mostra ancora una volta che quel che sta su tende continuamente a venire giù e che l’accelerazione e la forza di gravità sono sempre rivolte verso il basso!!!
E’ un modo per dire che le montagne che vediamo ora, tra qualche tempo saranno tutte venute giù.
Questo è inevitabile e dimostrato. Anche i grandi colossi Hymalaiani (come l’Everest) o quelli delle Alpi Occidentali (come il Monte bianco) ‘corrono’ verso lo stesso destino.
Quasi come fossero esseri viventi, le montagne nascono, crescono, invecchiano e muoiono…
E’ di questi fenomeni che voglio parlarvi, facendo un riassunto del ciclo di vita di una catena montuosa come quella delle Alpi. Forse andrò anche a scartabellare tra la brutta del mio esame scritto di Geografia Fisica (del 1995) in cui trattavo un ‘ciclo di erosione’ anche se in una situazione climatica diversa dalla nostra…
Ormai abbiamo visto più volte, ad esempio anche in questo articolo: come si formano le montagne. Da alcuni semplici video di scienzafacile possiamo farci un’idea molto generale di alcuni eventi che hanno formato le Alpi, le Prealpi e gli Appennini (La rotazione del Massiccio Sardo-Corso e la formazione di Alpi e Appennini). In molti casi sappiamo come si sono formate le rocce di origine marina o vulcanica che compongono queste catene montuose, ecc, ecc. Quindi mi sembra inutile parlarne ancora.
Possiamo però migliorare il nostro vocabolario scientifico distinguendo l’insieme degli agenti endogeni che formano le montagne come il magmatismo e la tettonica, dagli agenti esogeni come l’ erosione e l’insolazione che distruggono le montagne ma che a volte producono i sedimenti che magari daranno origine a rocce di montagne che verranno dopo (E’ un’evoluzione ciclica).
E del destino di queste montagne cosa possiamo sapere?
Avete mai visto cosa succede ad un castello di sabbia lasciato incustodito sulla spiaggia? Scommetto che la maggior parte di voi sa che cosa succede: nel giro di qualche ora/giorno secondo le dimensioni dell’opera, il tutto torna piatto, a livello spiaggia, esattamente come era prima…
Perchè?
A causa di fenomeni piuttosto semplici da osservare in quella situazione:
l’erosione provocata dall’acqua piovana e dal vento uniti ai crolli delle parti più alte a cui manca un sostegno adeguato (durante una pioggia anche a occhio nudo si possono vedere i granelli di sabbia trasportati verso il basso, vi sconsiglio però di farlo sotto un temporale, evento piuttosto pericoloso in spiaggia e in generale in molti ambienti…).
Un castello di sabbia, durante la sua costruzione, viene anche bagnato per aumentare la coerenza del materiale ovvero la sua capacità di stare insieme e, una volta abbandonata a se stessa, la sabbia, tornando asciutta cambia velocemente le sue proprietà, non sta insieme ed è ancor più facilmente erodibile e soggetta a crolli…
Non che sia proprio uguale a quel che succede alle montagne, ma è verosimilmente paragonabile. Quel che è diversissimo però è certamente il fattore tempo.
Come si erode la sabbia si erodono anche le rocce. I suoli delle praterie d’alta quota e dei boschi di quota media e bassa vengono dilavati. Oltre all’acqua, un importante agente erosivo delle nostre montagne è il ghiacciaio, capace di esarare (grattare come può fare una lima) anche le rocce più dure…
I prati scivolano pian piano verso valle, carichi del loro stesso peso o nelle ultime centinaia di anni caricati dal peso delle mandrie e dei greggi presentando anche caratteristici sentieramenti e gradini (l’ho cercato sul dizionario: il plurale di gregge si usa quasi sempre al femminile, ma si può anche al maschile! La divulgazione si fa anche con una grammatica possibilmente corretta!).
L’alterazione superficiale provocata dal sole, dalle precipitazioni e dai continui cicli di gelo e disgelo, rende più erodibili e meno stabili le rocce che cadono più facilmente verso valle.
Le montagne calcaree vengono ‘distrutte’ anche dall’interno, non solo dall’erosione delle acque ma anche dalla dissoluzione. L’acqua infatti può anche sciogliere le rocce calcaree. (Vi rammento che dissoluzione ed erosione sono due fenomeni ben diversi).
L’acqua diventa più ‘aggressiva’ soprattutto quando si mescola con i gas atmosferici e con gli acidi contenuti nei suoli, diventa acida e scioglie con maggior efficacia, allarga fessure, forma grotte, indebolendo a lungo andare la struttura stessa della montagna che crolla più facilmente…
La forza di gravità poi si sa! Aiuta sempre a portar materiale verso il basso…
E dove stanno finendo le Alpi e gli Appennini?
Dove se ne stanno andando a poco a poco le ‘nostre’ montagne? O le ‘Montagne a cui apparteniamo’, come scrive il mio amico Toso nel suo meraviglioso blog…
FACILE!
Le montagne se ne vanno al mare!
L’acqua trasporta oltre che costruire e distruggere e i resti delle ‘nostre’ montagne vengono portati fino al mare dai corsi d’acqua e dove l’acqua rallenta, perde la sua energia e deposita il materiale solido che trasportava. Così si è formata ad esempio la Pianura Padana che riempie di sedimenti quel che una volta era una parte dell’attuale Mare Adriatico. Così si formano e crescono i sistemi deltizi del Po ma anche quelli alla foce dei fiumi nei grandi e piccoli laghi che conosciamo…
Il materiale sciolto segue un altro iter, ma sta di fatto che vien portato via dall’alto e si rideposita più in basso in ogni caso…
Quel che salta meno all’occhio ovviamente è l’effetto distruttivo del movimento che avviene tra le placche della crosta terrestre. Se è vero che questi movimenti formano le montagne (come abbiamo ampiamente visto in tantissimi articoli e video precedenti e che potete vedere quasi ovunque), i movimenti della crosta terrestre contribuiscono anche alla distruzione delle catene montuose…
Di certo possiamo pensare ai terremoti causati dallo scivolamento di sistemi rocciosi su altri che, dando dei veri e propri scossoni, possono innescare qualche fenomeno franoso anche molto importante.
Più impercettibile ma in alcuni casi pure misurabile è il lento e inesorabile movimento delle placche che in tempi più o meno lunghi può variare la forma e quindi anche l’inclinazione del rilievo (per ‘forma del rilievo‘ intendo tutta la morfologia di una zona).
Immaginiamo che in certe zone, l’erosione e i fenomeni gravitativi abbiano portato alla formazione di torri, guglie e pinnacoli verticali.
Cosa succederebbe se i continui movimenti tettonici inclinassero inesorabilmente la base di tali guglie anche solo di una frazione di grado ogni qualche migliaio di anni?
Questo delle Cinque Torri al Falzarego (qui in basso nelle classiche Dolomiti) è un esempio di crollo recente in cui è intuibile ancora la forma della torre crollata e divisa in tre pezzettoni…
Possiamo parlare anche della verticalizzazione di strati che un tempo giacevano orizzontali. Secondo quanto siano coerenti questi strati tra loro, la distruzione sarà più o meno lenta ma di certo inevitabile e più ‘veloce’ di quando gli strati rimangono orizzontali…
Delle Alpi e degli Appennini si potrà anche pensare che siano catene montuose giovani, quindi ancora in sollevamento, ok, è vero ma un tempo la spinta era maggiore e prima o poi l’energia che le spinge ancora, si esaurirà e verrà spinto qualcos’altro da qualche altra parte…
E’ il ciclo delle montagne. Si formano dal basso e si distruggono partendo dall’alto appiattendosi e diventando pianure e fondali marini, diventando sabbia, polvere e fango…
Allora chi vuole scalarle, le scali prima che crollino o per lo meno ammiriamole e conosciamole per la loro bellezza e ricchezza di risorse di energia, fauna e flora, acque, ghiacci, sali minerali che ogni giorno ci nutrono…
Le Alpi e gli Appennini hanno milioni di anni e noi Homo sapiens solo 200000 (duecentomila!) e apparterremo a loro finchè ci saremo e le montagne facilmente staranno lì a guardarci ancora mentre ci estingueremo lasciando spazio a qualcos’altro. Forse i monti si ripuliranno, forse no ma di certo, un pezzo alla volta si abbasseranno, matureranno arrotondandosi, lisciando i propri spigoli e svaniranno lasciando segni della loro antica presenza nei nuovi e futuri sedimenti che magari formeranno parti di nuove montagne del futuro…
Percepire dove siano avvenuti e dove avvengano ora questi movimenti nonostante non si vedano e non si sentano, devo ammettere che mi mette in crisi durante le mie ormai rare scalate…
Le fratture delle montagne sono spesso vie preferenziali e classiche alle cime delle montagne, oppure diventano semplicemente appigli… Per me prima di tutto sono fratture e superfici preferenziali di crollo quindi, oltre a soffrire l’esposizione a grandi altezze, ci si mette anche questo a complicare le mie ascensioni!!! Ogni tanto allora, trovandomi su qualche strana guglia penso:”Crollerà mica proprio oggi?” e la giornata che magari era partita splendidamente, se ne va irrimediabilmente a quel paese…
Mi piacerebbe analizzare qualche situazione specifica ma non vorrei spargere inutile panico… I fenomeni che ho descritto agiscono in tempi geologici e non in tempi umani. Non esiste il ‘domani’ o il ‘tra un mese o due’. Dire ‘domani’ e dire ‘tra diecimila anni’ ha quasi sempre lo stesso valore e allora, anche se in certi casi è (o sarebbe) utile cercare di fare delle previsioni…
…BUONE SCALATE!!!
E grazie a chi, nonostante tutto, mi ha accompagnato, mi ha portato, mi porta, mi sopporta e mi porterà su qualcuna di queste meraviglie della natura…possibilmente a base larga e a forma di panettone ben arrotondato!!!